Esecutori
Artists
Federico Gugliemo
Definito dal Boston Globe “la nuova stella nel panorama della musica antica”, è riconosciuto per le sue esecuzioni di Antonio Vivaldi e Giuseppe Tartini dei quali ha registrato rispettivamente tutte le opere a stampa e l'integrale dei concerti per violino e orchestra. Il suo repertorio violinistico - eseguito principalmente su strumenti storici - spazia da Biagio Marini a Felix Mendelssohn; come violinista e direttore riserva una particolare attenzione anche al recupero di opere meno conosciute del periodo classico-romantico e a composizioni del XX secolo in stile neobarocco e neoclassico. Nato a Padova nel 1968 Federico Guglielmo ha iniziato lo studio del violino sotto la guida del padre diplomandosi, diciottenne, al Conservatorio “Benedetto Marcello” di Venezia. Come solista (violino barocco/classico) e direttore fa concerti in tutto il mondo. La storica The Academy of Ancient Music (Londra), la Händel & Haydn Society (Boston), Australian Brandenburg Orchestra (Sydney) sono solo alcune delle orchestre che lo hanno ospitato. Cristina Fanelli Barese, ha studiato canto presso il Conservatorio “Niccolò Piccinni” di Bari, sotto la guida del M° Domenico Colaianni. Approfondisce la prassi esecutiva antica con Roberta Mameli frequentando l’Accademia di canto “Rodolfo Celletti” ed eseguendo ruoli solistici in alcune cantate di Bach e nell’oratorio “San Nicola di Bari” di Bononcini. Nel 2015 vince il concorso come artista del coro della Fondazione Petruzzelli di Bari. Debutta nel 42° Festival della Valle d’Itria nel ruolo di Ricciardetta nel “Don Chisciotte della Mancia” di Paisiello. Nel 2017 ottiene ampi consensi di pubblico e critica interpretando alcuni ruoli monteverdiani (Lamento della Ninfa, Ballo delle ingrate) nel Festival di Martinafranca. Diego Cantalupi Nato a Milano nel 1968, ha studiato chitarra con Mauro Storti; il suo interesse per la musica rinascimentale, barocca e preromantica l’ha portato ad approfondire la prassi musicale antica, con Paul Beier (Civica Scuola di Musica di Milano) e Andrea Damiani (Conservatorio di Parma). Contemporaneamente si è laureato in Musicologia presso la Scuola di Paleografia e Filologia Musicale di Cremona - Università di Pavia. Il suo repertorio spazia dalla musica del Cinquecento fino a quella contemporanea, dal liuto, arciliuto, tiorba alla chitarra barocca e romantica. Collabora con i più importanti ensemble di musica antica italiani ed europei, come solista e continuista, esibendosi nelle sale più importanti in Europa, in Giappone e negli Stati Uniti. Ha registrato numerosi cd, come solista, come direttore dell’Ensemble L'Aura Soave da lui fondato, e come continuista. È docente di liuto presso il conservatorio di Bari. Davide Pozzi Considerato uno dei cembalisti più interessanti della sua generazione, si è diplomato con il massimo dei voti in organo e composizione organistica e in clavicembalo – fortepiano – clavicordo al Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano. Ha poi proseguito i suoi studi alla Civica Scuola di Musica di Milano diplomandosi, sempre con il massimo dei voti, nella classe di organo barocco di Lorenzo Ghielmi. Qui ha anche proseguito con Laura Alvini lo studio del clavicembalo. Infine si è perfezionato alla Schola Cantorum di Basilea in organo con Jean-Claude Zehnder e in cembalo con Andrea Marcon. All’attività solistica sulle tastiere storiche e a quella di continuista affianca quella di direttore degli ensemble La Venexiana e della Mailänder Kantorei. Collabora con numerosi ensemble esibendosi nelle principali sale da concerto europee ed extraeuropee. È docente presso il Conservatorio di Como.
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Andrea Amati, violino CARLO IX 1570ca.
di Fausto Cacciatori, Conservatore delle collezioni MdV
Il nome di Andrea Amati viene citato per la prima volta in un documento di locazione rinvenuto negli archivi cittadini datato 1539. Il 'magister' figlio di Gottardo, come si legge nell’atto, affitta una casa con bottega nel quartiere conosciuto come “isola” dove, negli anni a seguire, lavorarono anche altri grandi artefici della liuteria cremonese. Si ipotizza che Andrea costruì, a partire dal 1566, un’intera orchestra per la feste danzanti della corte francese; gli ultimi strumenti lasciarono Cremona probabilmente nel 1572, in occasione delle nozze di Carlo IX. Due secoli più tardi, la furia dei rivoluzionari francesi non risparmiò le opere del liutaio cremonese custodite a Versailles; l’orchestra di strumenti andò dispersa e in parte perduta per sempre. Il fondo, la testa e le fasce del violino presentano tracce dell’apparato decorativo che il tempo, in conseguenza dell’utilizzo dello strumento, lentamente ma inesorabilmente s’è portato via. Sulle fasce sono visibili solo poche lettere in foglia d’oro di quello che secoli fa era possibile leggere: 'Pietate et Justit(c)ia', il motto di Carlo IX, re di Francia, figlio di Caterina de’ Medici. Sul fondo, poco è rimasto delle decorazioni pittoriche che riproducevano lo stemma del re di Francia, al centro fra le figure della Pietà e della Giustizia e i bellissimi angeli reggi corona, ancora visibili sugli strumenti conservati nell’Ashmolean Museum di Oxford e nel Tullie House Museum di Carlisle in Scozia. Negli stessi anni, il 'magister' cremonese costruì strumenti su cui è possibile leggere, sul fondo e sulle fasce, il motto 'Quo unico propugnaculo stat stabique religio' (affinchè unico baluardo sia e resti la religione) e lo stemma di Filippo II, principe di Spagna, difensore dell’ortodossia cattolica. Andrea morirà nel 1577 dopo aver definito forma e proporzioni del violino; alla sua scomparsa i figli Antonio e Girolamo continueranno l’attività nella bottega paterna. Alcuni strumenti, fra i pochissimi esemplari oggi conosciuti, sono conservati in importanti musei tra cui l’Ashmolean Museum di Oxford, il National Music Museum di Vermillion in South Dakota, il Metropolitan Museum di New York e la Cité de la Musique a Parigi.
Le origini del violino di Diego Cantalupi
La storia della nascita del repertorio solistico per il violino resta un mondo parzialmente inesplorato e in parte sconosciuto anche agli ‘addetti ai lavori’. Se già nella seconda metà del Cinquecento il violino veniva usato in gruppi omogenei per accompagnare le processioni, è alla fine dello stesso secolo che lo strumento comincia a sviluppare un repertorio solistico. Attorno al 1566 giungeva a Cremona un compositore e violinista proveniente da Venezia: Marc’Antonio Ingegneri; era nato a Verona nel 1536, ma a Venezia aveva trovato lavoro come 'suonadoro di violino' in una di quelle confraternite che accompagnavano le processioni della Scuola Grande di San Marco. Assunto come Maestro di Cappella della Cattedrale cittadina, forte dell’esperienza veneziana, fondò una Compagnia di suonatori ordinata a modo di orchestra, probabilmente una delleprime (se non la prima) orchestra ante litteram. Poco o nulla si sa dei violinisti che presero parte a questo gruppo di strumentisti, né soprattutto della loro formazione, ma è ormai accertata a Cremona l’esistenza di una scuola violinistica da cui la Compagnia di Ingegneri probabilmente attingeva suonatori. La stessa scuola formava naturalmente anche altre tipologie di suonatori di violino, e tra questi i maestri di danza, che a quel tempo eseguivano proprio sul violino le melodie da ballare. Nel 1612, a Wolfenbüttel, il compositore Michael Prætorius pubblicò il suo Terpsichore Musarum, un’imponente raccolta di 300 danze; per fare questo si avvalse della collaborazione di diversi musicisti, tra i quali molti maestri di ballo. Non deve trarre in inganno la presenza di tale François Caroubel, violinista e maestro di danza alla corte francese; dal 1576 abitava infatti a Parigi lavorando come violinista di Enrico III, ma solo qualche anno prima era partito da Cremona, sua città natale, dove era conosciuto con il suo vero nome: Pietro Francesco Carubello. Fu solo uno dei molti violinisti cremonesi che, tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento lasciarono la città per trovare fortuna all’estero.
Accanto all’uso del violino come strumento facente parte di un gruppo omogeneo di strumenti, verso l’inizio del Seicento comincia timidamente a nascere una vera e propria scuola solistica. Viene codificata una tecnica esecutiva, vengono consolidate le forme degli strumenti e si sviluppa una letteratura specificatamente dedicata al violino. Spesso non è facile individuare questo materiale poiché esso non veniva pubblicato in raccolte a sé stanti, ma tipicamente all’interno di libri di madrigali o mottetti. È il caso, ad esempio, dei brani di Giulio Belli, Giovanni Amigoni e di Giovanni Battista Riccio, o delle sonate di Innocenzo Vivarino, (indicate però nel titolo della raccolta: Il primo libro di mottetti, con otto sonate) che, come altri brani di questo disco, sono qui registrate per la prima volta. Verso gli anni venti del Seicento lo strumento ha ormai consolidato una personalità propria, e le grandi famiglie di liutai cremonesi ne hanno perfezionato forme e dimensioni. Il bresciano Biagio Marini dedicherà una decina di raccolte esclusivamente strumentali al violino, sfruttando lo strumento in tutte le sue potenzialità e caratteristiche: per la prima volta troviamo un’ampia e consapevole tecnica polifonica (le doppie corde, che diventano anche triple nella Sonata per violino a modo di lira), la scordatura, l’uso del tutto nuovo di passaggi rapidi e virtuosi anche nel registro basso, particolarmente ardui in considerazione delle grosse corde di budello che venivano utilizzate all’epoca. Numerosi altri compositori a partire dai cremonesi Claudio Monteverdi e Tarquinio Merula esalteranno invece un’altra caratteristica dello strumento, ossia la cantabilità e l’affinità alla voce umana, simile all’uso originario pensato da Ingegneri. Questi due aspetti del violino, quello virtuosistico e quello più ‘vocale’, unitamente alle grandi capacità artigianali e artistiche, ed alle approfondite conoscenze acustiche dei liutai cremonesi, faranno del violino l’unico strumento a rimanere pressoché immutato nel corso di oltre quattro secoli, in grado, allora come oggi, di meravigliare, stupire e commuovere gli ascoltatori.
Registrato nell' Auditorium Giovanni Arvedi
Museo del Violino di Cremona
5-6 febbraio 2017
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Andrea Amati, violin CARLO IX 1570ca
by Fausto Cacciatori, Curator of MdV's Collections
The name of Andrea Amati first appeared in a rental deed dated 1539 found in the town’s archives. The document stated that the 'magister', son of Gottardo, rented a house and workshop in the quarter known as “isola” where other great Cremonese makers would work in the following years. From 1566, Andrea built a whole orchestra of instruments for the French court’s dances. The last group of instruments was probably delivered in 1572, on the occasion of Charles IX’s marriage. Two centuries later, the fury of French revolutionaries did not spare the works of Andrea then preserved in Versailles: the set of instruments was dispersed and part of it lost forever. The back, scroll and ribs of the violin still show traces of the original decoration that has been slowly and relentlessly wiped away by time and use. On the ribs, a few gilded letters remain of the wording that could be read centuries ago: Pietate et Justit(c)ia, the motto of Charles IX, king of France and son of Caterina de’ Medici. The back shows just a faded trace of the painted decoration depicting the coat of arms of the French king flanked by the figures of Pity and Justice as well as beautiful crown-holding angels, which are still visible on the instruments housed in the Ashmolean Museum of Oxford and in the Tullie House Museum of Carlisle, Scotland.
Other works made by the Cremonese magister in the same period show, on the back and ribs, the motto Quo unico propugnaculo stat stabique religio (that religion is and always shall be the only fortress) and the coat of arms of Philip II, Prince of Spain, a champion of Catholic orthodoxy. Andrea died in 1577 after having defined the shape and proportion of the modern violin; his workshop was taken over by his sons Antonio and Girolamo. Some of his very few remaining instruments are currently preserved in important museums like the Ashmolean Museum in Oxford, the National Music Museum in South Dakota and the Cité de la Musique in Paris.
The origins of the violin
by
Diego Cantalupi
The story of the emergence of solo repertoire for the violin remains partially unexplored and partially unknown, even among experts in the field. While the violin was used in homogenous ensembles to accompany processions in the second half of the sixteenth century, it was only at the end of the 1500s that a solo repertoire began to develop for the instrument. In around 1566 Marc’Antonio Ingegneri, a composer and violinist from Venice, arrived in Cremona. He was born in Verona in 1536, but found work in Venice as a suonadoro di violino, a violinist, in one of the groups that accompanied processions at the Scuola Grande di San Marco. He was appointed Maestro di Cappella in Cremona Cathedral, and, fresh from his experience in Venice, founded a ‘Company of players in an orchestra structure’, probably one of the first orchestras (if not the first) in the modern sense of the word. Little or nothing is known about the violinists who made up this group of instrumentalists, nor, above all, about their training, but it has now been established that there was a violin school in Cremona, and Ingegneri’s company probably recruited players from there. Naturally, this school also trained other types of violin players, including dancing masters, who at the time played the melodies to accompany the dances on the violin. In 1612, in Wolfenbüttel, the composer Michael Praetorius published his Terpsichore Musarum, an impressive collection of 300 dances, drawing on the help of various musicians, including many dancing masters. The name of one such figure that may cause confusion was François Caroubel, a violinist and dancing master at the French court; he had lived in Paris since 1576, where he was one of Henry III’s violinists, but he had left his hometown of Cremona only a few years earlier, where he was known by his real name: Pietro Francesco Carubello. He was one of many Cremonese violinists who, in the late sixteenth century and early seventeenth century, left the city to seek their fortune abroad.
As well as the instrument’s use in homogenous ensembles, at the beginning of the seventeenth century a real solo violin school began, timidly, to emerge. Performance technique was codified, the shapes of the instruments became more standardised, and literature catering specifically to the violin was developed. It is often tricky to identify this material, since it was usually published within books of madrigals and motets rather than in separate collections. This applies, for example, to the pieces written by Giulio Belli, Giovanni Amigoni and Giovanni Battista Riccio, and the sonatas by Innocenzo Vivarino (although these were mentioned in the title of the collection: Il primo libro di mottetti, con otto sonate) which, like other tracks on this CD, have been recorded for the first time. By around the 1620s, the instrument had developed its own personality, and the leading families of Cremonese violinmakers had perfected its size and shape. The Brescia-based composer Biagio Marini dedicated a dozen or so entirely instrumental collections to the violin, exploiting the instrument’s full potential and its various characteristics. These included, for the first time, a widespread expert use of polyphonic techniques (double stops, and even triple stops in the Sonata per violino a modo di lira), scordatura, and the highly innovative use of fast, virtuoso passages in the lower register, particularly challenging for performers given the thick gut strings used at the time. Meanwhile, many other composers, including the Cremonese Claudio Monteverdi and Tarquinio Merula, brought out another characteristic of the instrument: its cantabile nature and affinity to the human voice, similar to the use originally intended by Ingegneri. These two aspects of the violin, its virtuoso capabilities and its more ‘vocal’ side, alongside the incredible craftsmanship, artistic skill and profound knowledge of acoustics of the Cremonese violinmakers, would ensure the violin became the only instrument to remain virtually unchanged over a period of more than four centuries, capable, both then and now, of amazing, astonishing and moving listeners.
Recorded in Auditorium Giovanni Arvedi
Museo del Violino di Cremona
February 5th -6th 2017
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