Il violino
esalta la perfezione della maturità raggiunta dai liutai italiani
nel diciassettesimo secolo.
La bellezza
del lavoro viene esaltata dalla particolare qualità del legno e dalla
vernice dorata tutta allo stato originale. Strumento generosissimo di voce,
anche nelle zone meno favorite dimostra una straordinaria vitalità.
Eccezionale
l'equilibrio delle note dalle grevi alle acute. La corda di sol è
particolarmente dotata sul piano del volume.
La capacità
di penetrazione e di espansione della voce di questo strumento si coniugano
ad una straordinaria prontezza di emissione.
Questo
bellissimo violino di autore ignoto risale, secondo autorevoli esperti al XVII
secolo ed è sicuramente di manifattura italiana.
Al tempo
di Visconti erano in piena attività numerose botteghe di liutai,
tra i quali Bergonzi, Guarneri e Stradivari.
Essi producevano,
oltre a violini, viole ,violoncelli e contrabbassi, anche chitarre, liuti,
tiorbe e addirittura arpe. Tra i cimeli custoditi al Museo Stradivariano
di Cremona abbiamo disegni, cartamodelli, sagome di varie forme di viole
d’amore, pochettes, liuti, con relativi disegni per le loro custodie e
accessori, addirittura personalizzati a seconda della committenza.
Ma focalizzando
la nostra attenzione sugli strumenti ad arco, è importante notare
che, rispetto ai violino che usiamo oggi (il cosiddetto violino moderno),
gli strumenti ad arco che uscivano dalle botteghe di allora differivano
in alcuni sostanziali particolari (il violino barocco). Innanzitutto il
manico era più corto di circa 4-5mm con quindi una corda vibrante
più corta e meno tesa. Poi il manico non era applicato alla cassa
mediante un incastro, ma era incollato ed inchiodato diritto senza alcuna
inclinazione.
Essa era determinata
solo da una tastiera a cuneo la cui proiezione sulla tavola armonica determinava
l’altezza del ponticello, più basso di quello attuale e di forma
leggermente diversa. Inoltre la “catena”(o barra) all’interno della cassa
era notevolmente più corta. Anche l’arco era diverso da quello attuale,
più corto, meno rigido e con una punta più affusolata. Il
risultato di tutto ciò, conferiva al violino di allora un caratteristico
suono vellutato, pronto ma di poca potenza, comunque sicuramente di enorme
fascino, visto la fortuna che ebbe lo strumento-violino nella storia della
musica.Alla fine del XVIII secolo il violino subì una importante
trasformazione, che segnò il passaggio dal modello antico a quello
moderno. Lo studioso Boyden nel suo saggio The Art of Violin Playing (1961:pp.127-8)
sintetizza chiaramente il passaggio:
<< Con il declino del vecchio sistema del mecenatismo la musica strumentale, dalle sale private e dai saloni da ballo dell’aristocrazia, si trasferì nei luoghi pubblici. Ora i musicisti venivano pagati dal pubblico dei concerti, in cui prevalevano i ceti medi, occorreva dunque che il pubblico fosse abbastanza numeroso, e le sale capienti in proporzione, per pagare i compensi dei virtuosi del rango di un Paganini>>.
Era dunque
necessario un violino che avesse un suono potente abbastanza da riempire
le grandi sale e di tener testa alla grande orchestra del XIX secolo. Questa
maggiore sonorità si ebbe aumentando la tensione delle corde ( anche
il diapason aumentò leggermente ). Per sopportare lo sforzo maggiore
il violino dovette essere modificato. Il manico fu inclinato all’indietro
rispetto alla cassa (mentre prima usciva in linea più o meno retta)
e fu abolito il cuneo che prima veniva inserito fra manico e tastiera,
la maggior parte delle corde sulla tavola rese necessario un irrobustimento
della catena e dell’anima. Anche la tastiera fu modificata: venne ristretta
dalla parte del cavigliere, leggermente allargata dalla parte del ponticello
e anche un po’ arcuata per tutta la lunghezza. Infine, venne ancora più
allungata, in modo da poter suonare i posizioni più alte>>.
Purtroppo
sono sopravvissuti pochissimi esemplari di strumenti del periodo senza
alterazioni successive. Di Stradivari possediamo solo la viola tenore Medicea
del 1600 conservata al Museo del Conservatorio "L. Cherubini" di Firenze,
sopravvissuta solo perché era uno strumento ormai in disuso, visto
le sue dimensioni. Al Museo Stradivariano di Cremona è esposto un
manico mutilato del riccio appartenente al violino “Soil” 1715 e una tastiera
lastronata e decorata come si usava allora.
I maestri
liutai di oggi, per rispondere al rinnovato interesse dei musicisti sempre
più attenti alla prassi esecutiva filologica, hanno riscoperto il
violino barocco realizzando ottime copie eccellenti sia per fedeltà
storica sia per resa sonora.