Instrumental music



 

 

 

contenuto musicale - contents:

*Francesco Carubelli, Gavotta, Bransle simple, Bransle double

da
Terpsichore Musarum, Wolfenbüttel 1612

*Marc’Antonio Ingegneri, Aria di canzon francese

da Il secondo libro de madrigali, Venezia 1579

Biagio Marini,
Romanesca per violino solo e basso se piace

da Arie, Madrigali e Correnti, Modena 1620

 Passacaglio

da Sonate op. XXII, Venezia 1655

 Sonata III per tre violini

da Sonate op. XXII, Venezia 1655

Claudio Monteverdi,
 
Sinfonia

dal VII libro di madrigali, Venezia 1619

Tarquinio Merula,
La Monteverde

dal quarto libro delle canzoni , Venezia 1651

Sonata seconda

dal quarto libro delle canzoni, Venezia 1651

Toccata del secondo tono

dal Ms. Berlin, Lübbenauer Orgeltabulatur

*Maurizio Cazzati, Ciaccona

da Varii e diversi capricci per camera e per chiesa op. 50, Bologna 1660

Carlo Antonio Marino, Sonata n. 10

da Suonate op. III, Amsterdam s.d.

Arcangelo Corelli,
Concerto grosso n. 4

da Concerti grossi op. VI, Amsterdam 1714

*First recording

L'Anima ritrovata...

Musica per i violini degli Amati

Music for the Amati violins

 

   MVC/005-019 DDD 

ensemble L’AURA SOAVE Cremona
   on original instruments -

Diego Cantalupi, direttore artistico

 


 

 

 

Testi libretto  -  Booklet texts
Italiano   English

 

 

Esecutori

Artists

ensemble L’AURA SOAVE Cremona

Diego Cantalupi, direttore artistico

 


Claudia Combs - violin

 


Nicholas Robinson -violin

Claudia Combs (CC),
 Nicholas Robinson (NR), Elin Gabrielsson (EG),
Elisa Inbalzano, Davide Monti, Emanuele Marcante,
 Lorenzo Gugole, Gian Andrea Guerra, Marcello Villa,
 Barbara Altobello, Katia Ciampo, Abramo Raule

violini-violins

 

Ulrike Fischer (UF), Stefano Marcocchi, Valentina Soncini

viole - violas

 

Francesco Galligioni (FG), Marcello Scandelli (MS), Antonio Papetti

violoncelli - cellos

 

Fabio Conte - violone

Davide Pozzi (DP) - cembalo - harpsichord

Marina Bonetti (MB) arpa doppia - harp

Diego Cantalupi (DC) - arciliuto & tiorba

 

 

 


Marina Bonetti - arpa doppia

 


Diego Cantalupi  - arciliuto & tiorba

 

 

 

 

 

 

 



Musica per i violini degli Amati

di Diego Cantalupi

 

Gli Amati, artigiani cremonesi universalmente riconosciuti come coloro che hanno perfezionato la morfologia del violino, definendone la forma oggi considerata ‘classica’, ha operato a Cremona per oltre 300 anni, dalla prima metà del XVI sec., fino a tutto il XVII.

In particolare Andrea Amati (1505 - 1577), capostipite della famiglia, e i suoi due figli, Antonio (1540 - 1608) e Girolamo (1561-1630), attuarono una vera e propria rivoluzione dal punto di vista della costruzione e delle forme, che contribuì in maniera preponderante a investire il violino di un ruolo solistico vero e proprio.

Sin da allora possedere un violino costruito da un Amati (o più generalmente uscito da una bottega di un artigiano cremonese) era non solo segno di distinzione per ogni grande musicista e virtuoso, ma garanzia di un’eccellente qualità sonora dello strumento. Tra il Cinquecento e il Seicento, infatti, Cremona rivestiva un ruolo primario non solo nel fornire strumenti alle principali corti europee, ma a istruire e formare violinisti che, potendo lavorando fianco a fianco dei liutai, riuscivano a guidare gli artigiani nel perfezionamento delle forme e della resa sonora dei loro strumenti.

Tuttavia la necessità di ottenere un suono più corposo ed un volume più potente ha fatto sì che fin dall’Ottocento gli strumenti antichi venissero radicalmente modificati, sostituendone alcune parti come grandezza dell’anima, la lunghezza e l’angolazione del manico, la morfologia delle catene, ma anche spessore dei legni, in modo tale da allineare le prestazioni acustiche alle necessità stilistiche del repertorio romantico e contemporaneo. Non solo: le corde, un tempo costruite utilizzando la minugia (gut), vennero sostituite da corde di metallo, che, unitamente ai nuovi modelli di archetto (diversi per forma e dimensioni) contribuirono a snaturare completamente il suono originale degli strumenti antichi.

Ma qual era la musica per cui questi strumenti erano stati costruiti? Quali i compositori? Quale l’uso dei violini, considerato che l’ ‘orchestra’ come la intendiamo oggi era ancora lontana dal venire?

Risulta quasi impossibile esaurire in solo cd in modo esaustivo un argomento così ampio e complesso; perciò ho deciso di limitare il repertorio alla musica strumentale che in area cremonese (ma anche limitrofa: cioè bresciana e cremasca) si sviluppò dalla fine del cinquecento in avanti.

D’altra parte se a Cremona la bottega degli Amati nacque e prosperò fino a raggiungere il livello d’eccellenza ormai noto è lecito pensare, nonostante la scarsità di documenti, l’esistenza di una propizia e variegata situazione musicale.

 

Attorno al 1566 giungeva a Cremona un compositore e violinista proveniente da Venezia: Marc’Antonio Ingegneri; era nato a Verona nel 1536 e in giovane età si era trasferito a Venezia dove aveva trovato lavoro come suonadoro di violino per le processioni della Scuola Grande di S. Marco. Le Scuole Grandi erano pie confraternite laiche, spesso espressione del ricco ceto borghese veneziano, che si dedicavano ad un’intensa attività caritativa ed alla pratica devozionale. In questo ambito vede la luce per la prima volta il consort omogeneo di violini (e per violini intendiamo in generale gli strumenti ad arco della famiglia del violino), formato da strumentisti spesso assunti regolarmente e in grado di proporre un repertorio indipendente ed autonomo, non più legato al repertorio vocale. La Compagnia di suonatori ordinata a modo di orchestra che Ingegneri istituì  attorno al 1580 all’interno della Cappella della Cattedrale di Cremona (di cui era direttore) potrebbe derivare proprio dalla sua esperienza veneziana di suonatore di violino e l’aria di canzon francese, pubblicata a Venezia nel 1579 e contenuta nel cd, rappresenta uno dei primi esempi di musica strumentale per ‘violini’ di un autore di area cremonese contemporaneo ad Andrea Amati.

Trent’anni dopo, nel 1612, a Wolfenbüttel, il teorico e compositore Michael Prætorius pubblica il suo Terpsichore Musarum, una raccolta di 300 danze in stile francese per gruppo di strumenti. In realtà il compito di Prætorius fu essenzialmente quello di lavorare su temi preesistenti, elaborandoli in una realizzazione a più voci; per fare questo si avvalse della collaborazione di diverse persone (tra i quali molti maestri di ballo), in grado di fornirgli le melodie da arrangiare. Tra questi spicca la figura di François Caroubel, violinista e maestro di danza alla corte francese; dal 1576 abitava a Parigi lavorando come violinista di Enrico III, ma qualche anno prima era partito da Cremona, sua città natale, dove era conosciuto con il suo vero nome: Pietro Francesco Carubelli.

Francesco Carubelli fu solo uno dei molti violinisti cremonesi che, tra Cinque e Seicento lasciarono la città per trovare fortuna all’estero. Non sappiamo nulla sulla formazione musicale di questi strumentisti, ma sembra ormai accertata a Cremona l’esistenza di una scuola violinistica di cui non è rimasta alcuna traccia, e da cui la Compagnia di Ingegneri probabilmente attingeva suonatori: d’altra parte un’attività liuteria così fiorente e di alto livello non potrebbe essere motivata esclusivamente dalla committenza esterna alla città.

Con il Seicento, accanto alla Cappella della Cattedrale (che disponeva di un organo già dal 1482),  nascono ed operano altre realtà nella città di Cremona: molte chiese hanno una piccolo gruppo di strumentisti e cantori e nella stessa Cattedrale nasce una seconda Cappella, la Cappella delle Laudi, dotata di un proprio organico, organista e maestro. Già dal 1560 era poi attiva l’Accademia degli animosi, principale committente per la musica profana. Questa accademia, che si riuniva nell’attuale sala del Consiglio del Palazzo comunale, organizzava memorabili trattenimenti armonici ed aveva un proprio organico di strumentisti e cantanti. Tra i suoi iscritti comparivano Marc’Antonio Ingengneri, ma anche Tarquinio Merula e Claudio Monteverdi.

Tarquinio Merula, nato a Busseto nel 1595, si trasferì a Cremona in giovanissima età, dove passò la gran parte della sua vita.


Tarquinio Merula

La sua fama di organista e compositore lo portò a lavorare in altri importanti città italiane (fu organista a Bergamo e a Lodi, fu attivo a Venezia e a Varsavia), ma sempre con incarichi di pochi anni: evidentemente il clima musicale cremonese non aveva nulla ad invidiare a centri ben più importanti.

Al contrario di Merula, un altro compositore di una generazione più anziano, passò la maggior parte della sua vita in altri centri, in particolare Mantova e Venezia. Claudio Monteverdi nacque a Cremona nel maggio del 1567. Già in giovane età venne affidato dal padre alla scuola di Marc’Antonio Ingegneri, dove studiò composizione e – evidentemente- il violino. Nel 1590, infatti, è assunto come suonatore di violino alla corte mantovana dei Gonzaga, e nel giro di pochi anni assunse una fama rilevante per i suoi madrigali e le sue opere (Orfeo prima tra tutte). Ma fu soprattutto l’invenzione di un nuovo linguaggio compositivo, chiamato Seconda pratica, che diede l’inizio ad un nuovo stile musicale in cui gli strumenti musicali assunsero, con le voci, un ruolo solistico e paritario.

Durante la permanenza a Venezia come maestro di Cappella di S. Marco, Claudio Monteverdi ebbe molti allievi; tra questi il bresciano Biagio Marini. Brescia, con Cremona, rappresentava un importante centro per la musica e anche per la liuteria, ma non disponeva certo delle ricchezze di Venezia; la città lagunare era inoltre una meta ambíta ed obbligata per ogni musicista dell’epoca. Marini vi arriva ventunenne, nel 1615, come violinista, e sarà la prima tappa di un lungo percorso che lo vedrà attivo a Parma, alla corte di Neuberg, Bruxelles, Düsseldorf , Brescia, Padova, Vicenza e Milano.

La sua produzione è prevalentemente dedicata alla musica strumentale, e il suo stile richiede una tecnica esecutiva estremamente avanzata per l’epoca: frequente l’uso di doppie corde, tremoli (fu il primo compositore ad utilizzarli), doppie corde e scordature. Marini viene spesso considerato il primo virtuoso di violino professionista; al di là della definizione, peraltro riduttiva, fu uno dei primi compositori (assieme a Merula) a dedicarsi prevalentemente, ma non esclusivamente, alla musica strumentale.

Analogo discorso si può fare per Maurizio Cazzati, organista e compositore nato a Luzzara (un piccolo paese tra Mantova, Cremona e Parma) nel 1616 e morto a Mantova nel 1678. Fu attivo prevalentemente nel territorio della ‘Bassa’, dove era possibile trovare un lavoro presso uno dei molti paesi di piccole dimensioni, spesso vere e proprie corti, con un’intensa attività musicale: operò infatti a Bozzolo, Sabbioneta, Guastalla, per poi passare a Mantova, Bergamo, Ferrara, Venezia e Bologna. E proprio Maurizio Cazzati rappresenta un ponte ideale tra la scuola violinistica secentesca lombarda (di Merula e Marini) e quella settecentesca emiliana, che vedrà Arcangelo Corelli come massimo esponente.

Verso la fine del Seicento il violino è ormai diventato il ‘re’ degli strumenti grazie alle figure dei celebri liutai (gli Amati e Stradivari) e di figure di virtuosi che si muovono in tutta Europa. Il genere più popolare è quello della sonata a tre, ma anche del concerto grosso: e Arcangelo Corelli rappresenta per entrambi i generi il compositore più famoso.

Nato a Fusignano, vicino a Ravenna nel 1653, trascorse la giovinezza a Bologna per poi trasferirsi a Roma, sotto la protezione della regina Cristina di Svezia e dei cardinali Pamphilj e Ottoboni. Fu compositore di altissima qualità ma soprattutto grande virtuoso del violino.

Alla sua scuola si formarono numerosi compositori e violinisti, tra i quali il cremonese Gasparo Visconti (cfr. il cd MV Cremona MVC/999-001). Ma fu un caposcuola soprattutto dal punto di vista dello stile: di stampo corelliano sono infatti definite le sonate di Carlo Antonio Marino, nato a Bergamo nel 1670 (e maestro di Locatelli), ma attivo a Crema come violinista e maestro di Cappella. Nonostante il suo linguaggio sia molto legato a quello della sonta a tre di stampo corelliano, la particolarità della sua produzione risiede nel fatto di aver scritto numerose sonate per tre violini, e basso continuo, organico piuttosto insolito, ma non del tutto inusuale.

Carlo Antonio Marino rappresenta uno dei molti violinisti - compositori che dalla fine del Settecento che operarono nell’area della Lombardia compresa tra Bergamo, Brescia, Mantova e Cremona: tra questi, è importante citare (perché ancora poco conosciuti) i cremonesi Gasparo Visconti, Andrea Zani (cd MV Cremona,  mvc/001-004) e Carlo Zuccari (cd MV Cremona,  mvc/000-003) oltre alle molte figure di spicco tra cui il più famoso Pietro Locatelli

Con questo cd speriamo di contribuire a far luce su molti aspetti ancora oscuri legati al repertorio lombardo del Cinque e del Seicento per violino.  Crediamo infatti che solamente attraverso la ricerca meticolosa del repertorio e la sua esecuzione con una prassi esecutiva storicamente informata sarà possibile un corretto inquadramento di Andrea Amati e dei suoi figli, riscoprendo oltre alle loro già note eccelse qualità artigianali, la loro influenza e il loro apporto innovativo per la storia della musica e per  l’emancipazione dello strumento solistico.

 


Cremona nel XVII Sec.

 

La dinastia Amati, liutai in
Cremona

di Marcello Villa

 Le origini ed il perché dell’insediarsi proprio a Cremona della tradizione liutaria sono tuttora avvolte nel mistero.

Nella prima metà del cinquecento è documentata la presenza di qualche artigiano liutaio ma il primo personaggio veramente importante che la Storia della liuteria ci presenta, è Andrea Amati (1510ca. - 1577) considerato il patriarca, non solo dell’ omonima dinastia, ma della stessa Scuola cremonese; probabilmente fu il primo liutaio in assoluto a costruire un violino degno di tal nome, nelle forme che oggi conosciamo. Poco si sa di lui ma, da alcune fonti d’archivio, gli studiosi ritengono plausibile l’ipotesi che egli possa essersi formato alla scuola del “liuter” Giovanni Leonardo da Martinengo, un oscuro personaggio figlio di un ebreo convertito al Cristianesimo, la cui attività è ancora tutta da scoprire.

E’ fuor di dubbio comunque che Andrea Amati, attorno alla metà del 1500, fosse attivo come liutaio a tutti gli effetti; a parlare, questa volta, sono non solo i documenti d’archivio, ma i bellissimi strumenti da lui costruiti  e giunti fino a noi. Sicuramente era un artigiano di successo, vista la prestigiosa commissione giuntagli di Carlo IX di Francia per un’intera orchestra di strumenti ad arco. Alcuni di essi sono sopravvissuti agli eventi della Storia: violini, viole di vario formato e un violoncello, identificabili per le decorazioni in “foglia d’oro” su fondo, fasce e riccio, che li distinguono dagli altri rarissimi strumenti di Andrea.

A lui subentrarono i due figli Antonio e Girolamo, oggi conosciuti come i “fratelli Amati”. Antonio nacque probabilmente prima del 1540 e, a quanto risulta dagli studi, non ebbe né mogli né figli e morì nel 1608. Girolamo nacque attorno al 1550, probabilmente da un secondo matrimonio del padre Andrea, ebbe due mogli, almeno una dozzina di figli e morì nel 1630. Alla morte di Andrea, nel 1577, essi ereditarono la bottega di famiglia e costruirono numerosi strumenti etichettandoli generalmente con la dicitura comune di Antonio e Hieronimus Amati. Nel 1588 sembra si dividessero l’attività anche se continuarono, probabilmente per motivi commerciali, ad apporre frequentemente la loro caratteristica etichetta comune, addirittura anche dopo la morte dello stesso Antonio. Girolamo portò avanti la tradizione di famiglia con una ben avviata attività e una operosa bottega che occupava parecchie persone. Fu affiancato, a partire dal 1620, da suo figlio Nicolò Amati (1596 – 1684) che divenne, grazie alla sua bravura, assai ricco e famoso nonostante la grande sventura che l’Italia settentrionale, Cremona compresa, dovette affrontare in quell’epoca: la peste. Nel 1630 infatti, scoppiò l’epidemia che provocò morte e distruzione lasciando come strascico una pesantissima crisi economica. Fra le sue vittime ci fu anche Girolamo, padre del giovane promettente Nicolò che, per fortuna, sopravvisse al contagio pur dovendo traghettare la bottega durante il tristissimo periodo. Se anche Nicolò fosse morto di peste, probabilmente la Scuola cremonese avrebbe cessato di esistere, analogamente a quanto avvenne nella vicina Brescia con la morte di Gian Paolo Maggini. Invece, attenuata la crisi, la bottega Amati riprese a lavorare a pieno ritmo. Dal 1640 in poi sappiamo che lavoravano presso di lui almeno quindici allievi documentati fra cui Giacomo Gennaro (1624ca. – 1701), Giovanni Battista Rogeri (1642ca. - ?) e Andrea Guarneri (1623 – 1698). In una bottega di liuteria come quella di Amati infatti lavoravano, sotto la supervisione del Maestro, diverse persone; solitamente erano i figli ma anche semplici allievi, in alcuni casi ‘famigli’, ossia ragazzi affidati al Maestro per imparare il mestiere in cambio di vitto ed alloggio. E’ sbagliato pensare che nelle antiche botteghe si costruissero solo violini, viole violoncelli; in esse si producevano anche liuti - da qui il nome di “liutai” - tiorbe, chitarre, viole da gamba ed altri strumenti oggi in disuso, comprese le relative“cassette” per riporli e trasportarli.

Nicolò Amati, pur mantenendo l’ormai tradizionale e consolidato metodo costruttivo ereditato da Andrea Amati, firmò un gran numero di strumenti di altissimo livello artigianale, con uno stile molto raffinato, tanto da portare il nome degli Amati al culmine della fama e del successo.

 

Proprio in quegli anni, il violino stava per diventare il protagonista assoluto della musica strumentale e, proprio la bottega Amati di Cremona, forte di una tradizione già consolidata da quasi un secolo, forniva ai musicisti di tutta Europa i migliori violini sul mercato. E’ grazie a nuove ricerche e soprattutto ad un nuovo modo di considerare la tradizione della liuteria a Cremona, non solo come fenomeno a sè, ma in stretta simbiosi con la Storia della musica e della sua esecuzione che stanno emergendo nuovi interessanti particolari e connessioni fra personaggi di primissimo piano.

I due massimi musicisti Cremonesi del ‘600, il sommo Claudio Monteverdi (1567 - 1643) e Tarquinio Merula (1595 - 1665), ebbero sicuramente un ruolo non secondario nella promozione degli strumenti di scuola cremonese.

Celebre e senza dubbio illuminante è la corrispondenza tra il grande Galileo Galilei e il suo discepolo Fra Fulgenzio Micanzio avvenuta nel 1637. Lo scienziato chiese al suo allievo, residente allora a Venezia, di procurargli un buon violino di Brescia o di Cremona, per farne dono a suo nipote Alberto, musicista al servizio del principe di Baviera. Fra Fulgenzio rispose « […]  d’aver trattato col maestro de’ concerti di S. Marco, il quale […] ha detto che quelli di Brescia è facil cosa averne, ma che quelli di Cremona sono incomparabilmente i migliori, anzi che portano il non plus ultra, ed ha ordinato col mezzo del Sig. Monteverdi, Maestro di Cappella di S. Marco, che ne faccia venire uno col mezzo d’un suo nipote, che è in Cremona, di onde è nativo, la differenza del prezzo ne mostra la perfezione, perché quelli di Cremona costano ducatoni dodici l’uno per almanco, ove gli altri di quattro […]». Nonostante l’impegno in prima persona di Monteverdi, Galileo non riuscì ad acquistare il violino nuovo ordinato ad un non precisato liutaio cremonese, quasi sicuramente Nicolò Amati. Spazientito per l’attesa lo scienziato fece comprare, sempre a Cremona e per «15 ducatoni », un violino già usato. Tutto ciò è impressionante per la sua attualità; oggi come allora la richiesta di strumenti cremonesi era così alta da superarne la capacità produttiva.

Nicolò Amati morì vecchissimo nel 1684 e fu sepolto nella Chiesa di S. Imerio in Cremona. Unico suo figlio che si dedicò alla liuteria ed ultimo esponente della dinastia Amati, fu Girolamo II  (1649 – 1740), artefice di buoni strumenti costruiti secondo l’inconfondibile stile di famiglia ma probabilmente di scarso talento commerciale tanto da cessare prematuramente l’attività, forse contrastato dall’affermarsi prepotente della contemporanea bottega di Antonio Stradivari.

 

Music for the Amati violins

by Diego Cantalupi

 

The Amatis were Cremonese craftsmen universally recognized as those who perfected the morphology of the violin by defining the form considered “classic” today.  They worked in Cremona for 300 years from the first half of the 16th Century until the end of the 17th Century.

In particular the head of the family,  Andrea Amati (1505 - 1577), and his sons Antonio (1540 - 1638) and Girolamo (1561-1630) brought about an actual revolution in construction and form that contributed in a predominant way to attributing the violin a real soloistic role. Since that time, having a violin built by an Amati (or more generally, one that came out of the workshop of a  Cremonese artisan) was not only a sign of distinction for every great musician and virtuoso but a guarantee of excellent sound quality of the instrument.  Between the 1500’s and 1600’s, in fact, Cremona played a primary role not only in supplying instruments to principle European courts but also in educating and shaping violinists who, because they worked side by side with luthiers, were able to guide the craftsmen in perfecting the form and sonorous yield of their instruments.  

Nevertheless the necessity of obtaining a more full-bodied sound and powerful volume had the effect that, since the 1800’s, old instruments  were radically modified by substituting some parts such as soundpost size, length and angle of the neck, morphology of the bass bar and thickness of the wood in such a way as to align the acoustic abilities with stylistic requirements of the Romantic and Contemporary repertory.  Not only that:  strings which were once made using gut, were substituted with metal strings that contributed, along with the new model of bow (different in size and form) to completely denaturing the original sound of the old instruments.

But what music were these instruments built for?  Which composers?  What use of violins considering that the orchestra as we know it today was a long time in coming?

It is nearly impossible in a single CD to exhaust such a broad and complex subject.  For that reason I’ve decided to limit the repertory to instrumental music developed in the region of Cremona (and neighboring Brescia and Crema)  from the end of the 1500’s onward. In addition, if the Amati workshop was born and prospered to its well-known level of excellence, one can also imagine, despite the lack of documented evidence, the existence of an propitious and diversified musical environment.

Around 1566 a composer and violinist named Marc’Antonio Ingegneri went to Cremona from Venice.  He was born in Verona in 1536 and at an early age moved to Venice where he worked as a suonadoro di violino for the processions of the Scuola Grande di S. Marco.  The Great Schools were pious secular fraternities, often stemming from the wealthy class of Venetian bourgeoisie, that dedicated themselves to intense charitable activity and devotional practice.  In this context the first homogeneous consort of violins came to light (by violins, we mean stringed instruments of the violin family in general), formed by instrumentalists often regularly engaged and able to  propose an independent and autonomous repertory no longer tied to the vocal repertory. The Compagnia di suonatori ordinata a modo di orchestra that Ingegneri instituted around 1580 within the Chapel of the Cremona Cathedral (where he was director) could have derived exactly from his Venetian experience as a violin player and the aria di canzon francese, published in Venice in 1579 and included on this CD represents one of the first examples of instrumental music for ‘violins’ by a composer of the Cremonese area who was a contemporary of Andrea Amati.

Thirty years later in 1612 in Wolfenbüttel, the theorist and composer Michael Prætorius published his Terpsichore Musarum, a collection of 300 dances in the French style for groups of instruments.  In reality Prætorius’ task was essentially that of working on preexisting themes, elaborating them into a version for several voices.  To do this, he availed himself of the collaboration of different people (including many dancing masters) capable of supplying melodies to be arranged.  Among these the figure of François Caroubel, violinist and dancing master at the French court, stands out.  From 1576 he lived in Paris working as a violinist for Henry III but some years before he had left Cremona, the city of his birth, where he was known by his real name:  Pietro Francesco Carubelli.

Francesco Carubelli was one of the many Cremonese violinists who, between the 1500’s and 1600’s left the city to seek fortune abroad.  We know nothing about the education of these instrumentalists, but it seems nearly certain that there existed in Cremona a violin school, of which there is no trace and from which the Ingegneri’s Compagnia probably took players:  in addition, so flowering a luthier activity of such a high level could not have been motivated exclusively by commissions from outside the city.

With the 1600’s along with the Cappella of the Cathedral (which  had an organ already in 1482) other activities are born and at work in Cremona:  many churches have a small group of instrumentalists and singers and in the same Cathedral a second Cappella is born, the Capella delle Laudi, or Lauds Chapel, complete with its own instrumentation, organist and maestro.  Already by 1560 the Accademia degli animosi was active and was the main commissioner of secular music.  This accademia which met in the present-day Council room of the Town Hall, organized memorable harmonic entertainments and had its own pool of instrumentalists and singers.

Among its members appeared Marc’Antonio Ingengneri as well as Tarquinio Merula and Claudio Monteverdi.

Tarquinio Merula, born in Busseto in 1595, moved to Cremona at a very early age where he spent the better part of his life. 

 

His fame as organist and composer brought him to work in other important Italian cities (he was organist in Bergamo and Lodi and active in Venice and Warsaw), but always with appointments lasting only a few years:  evidently the musical climate in Cremona had nothing to envy far more important cultural centers.

In contrast to Merula, another composer one generation older spent the major part of his life in other centers, in particular Mantua and Venice.  Claudio Monteverdi was born in Cremona in May of 1567.  At an early age his father entrusted him to Marc’Antonio Ingegneri’s school where he studied composition and – apparently – violin.  In 1590, in fact, he was employed as a violin player in the Mantuan court of the Gonzaga family and in just a few years achieved remarkable acclaim for his madrigals and operas (Orfeo most of all). 


Claudio Monteverdi

But it was above all the invention of a new compositional language, called the Seconda pratica, that lead to a new musical style in which instrumentalists took on a soloistic role equal to that of the voices.

During his stay in Venice as Chapel Master of St. Mark’s, Claudio Monteverdi had many pupils, including the Brescian Biagio Marini.  Brescia, like Cremona, was an important center for music and instrument building but certainly didn’t have at its disposal the riches that Venice had.  In addition, the ‘lagoon city’ was an obligatory destination for every musician of that period.  Marini arrived there as a violinist in his twenties in 1615 and it would be the first stop on a long journey that would see him active in Parma, at the Neuberg court, Brussels, Düsseldorf, Brescia, Padua, Vicenza and Milan.

His musical output is prevalently dedicated to instrumental music and its style requires a performance technique extremely advanced for that period:  frequent uses of double-stops, “bow vibrato” (he was the first composer to use it), and double-stops and scordatura.

Analogous is that which we can say about Maurizio Cazzati, organist and composer born in Luzzara (a small village between Mantua, Cremona and Parma) in 1616 and died in Mantua in 1678.  He was active prevalently in the “Bassa” territory where it was possible to find work in one of the many small villages, often actual courts with intense musical activity. In fact, he worked in Bozzolo, Sabbioneta and Guastalla to then move on to Mantua, Bergamo, Ferrara, Venice and Bologna.  It is precisely Maurizio Cazzati who represents an ideal bridge between the violinistic school of Lombardy in the 1600’s (Merula and Marini) and that of Emilia that would have Arcangelo Corelli and its major exponent.

Toward the end of the 1600’s the violin had become the ‘king’ of instruments thanks to the figures of celebrated luthiers (Amati and Stradivarius) and the image of virtuosi moving throughout Europe. The most popular compositional form is that of the trio sonata as well as the concerto grosso and Arcangelo Corelli is the most famous composers for both genres.


Arcangelo Corelli

Born in Fusignano near Ravenna in 1653 he spent his youth in Bologna later moving to Rome under the protection of Queen Cristina of Sweden and Cardinals Pamphilj and Ottoboni.  He was a composer of the highest level but above all he was a great violin virtuoso. In his ‘school’ numerous composers and violinists would be instructed, among whom the Cremonese Gasparo Visconti (see the CD MV Cremona MVC/999-001).  However, he was the founder of a school of playing mainly from a stylistic point of view:  of Corellian mold are the sonatas of Carlo Antonio Marino, born in Bergamo in 1670 (and Locatelli’s teacher) and active in Crema as violinist and Chapel Master.  In spite of the fact that its language is closely tied to the trio sonata of Corellian mold, the peculiarity of his output lies in the fact of having written many sonatas for three violins and basso continuo, a rather strange instrumentation but not altogether unusual.

Carlo Antonio Marino represents one of many violinist-composers who from the end of the 1700’s worked in the area of Lombardy made up of Bergamo, Brescia, Mantua and Cremona.  Among these it is important to cite (because they are still little known) the Cremonese Gasparo Visconti, Andrea Zani (CD MV Cremona, MVC/001-004) and Carlo Zuccari (CD MV Cremona, MVC/000-003) in addition to outstanding figures, the most famous of whom being Pietro Locatelli.

With this we hope to contribute to bringing to light many still obscure aspects tied to violin repertory of Lombardy during the 1500’s and 1600’s.  We believe, in fact, that only through meticulous research of the repertory and its execution with historically informed performance practice will it be possible to correctly frame Andrea Amati and his sons, rediscovering, in addition to their renowned exceptional qualities as craftsmen, their influence and their innovative contribution to music history and to the emancipation of the soloistic instrument.

 

 
 

The Amati Dynasty, luthiers in Cremona

 by Marcello Villa

The origins and reasons for the settling of the luthier tradition in Cremona are today shrouded in mystery. 

In the first half of the 1500’s the presence of some artisan luthiers is documented but the first really important character presented to us by the history of instrument building is Andrea Amati (1510ca. – 1577 ) considered the patriarch not only of the dynasty carrying his name, but of the Cremonese School.  He was probably the first luthier to build a violin deserving of that name in the form that we know today.  Little is known about him but scholars, using archival sources, maintain plausible the theory that he was educated at the school of the “liuter” Giovanni Leonardo da Martinengo, an obscure character, son of a Jew converted to Christianity whose activity is yet to be uncovered.

There is no doubt that Andrea Amati, around the middle of the 1500’s was active as a luthier in every respect.  This is stated not only by archival documents but also by the beautiful instruments built by him and still surviving today.  He was surely a successful craftsman considering the prestigious commission given him by Charles IX of France for an entire orchestra of stringed instruments.  Some of these have survived the events of history:  violins, violas of various forms and cellos identifiable by their ‘gold leaf” decorations on the back, sides and scrolls which distinguish them from other rare instruments made by Andrea.

Taking over from him are his two sons Antonio and Girolamo, known today as the “Amati brothers”.  Antonio was most likely born before 1540 and studies seem to indicate he never had a wife or children and died in 1608.  Girolamo was born around 1550, probably from father Andrea’s  second marriage, had two wives, at least a dozen children and died in 1630.  At Andrea’s death in 1577, the two sons inherited the family workshop and built numerous instruments labeling them, generally, with the common wording of Antonio and Hieronymus Amati.  In 1588 it seems that they split up their activities though they frequently continued, probably for commercial reasons, to affix their characteristic common label even after the death of  Antonio.  Girolamo carried forward the family tradition with a thriving activity and an industrious workshop employing many people.  Beginning in 1620, his first son Nicolò Amati (1596 – 1684) worked alongside him and this son become, thanks to his bravura quite rich and famous in spite of the difficulties faced by northern Italy, including Cremona, during that epoch:  the plague.  In fact in 1630 the epidemic broke out that would cause death and destruction leaving behind an extremely grave economic crisis.  Among its victims was Girolamo, father of the promising young  Nicolò who, fortunately, survived the epidemic even though he had to move the workshop during this terrible period.  If Nicolò had died from the plague, the Cremonese School probably would have ceased to exist, analogous with what happened in nearby Brescia with the death of Gian Paolo Maggini.  Instead, once the crisis diminished, the Amati workshop took up work again at full stride.  From 1640 on we know that at least 15 students are documented to have worked there including Giacomo Gennaro (1624ca. – 1701), Giovanni Battista Rogeri (1642ca. - ?) and Andrea Guarneri (1623 – 1698).  In a luthier’s workshop like that of Amati, different people worked under the supervision of the Master.  Usually they were sons but they could also be simple students, in some cases ‘famigli’:  children entrusted to the Master to learn a trade in exchange for room and board.  It is wrong to think that in the old workshops they built only violins, violas and cellos.  They also produced lutes – from which the word “luthier” derives – theorbos, guitars, viols and other instruments fallen out of use today along with “cases” used for storing and carrying them.

Nicolò Amati, while maintaining the by then traditional and well-established constructive method inherited from Andrea Amati, signed a great number of instruments of the highest level, with a style so refined that it would carry the Amati name to the height of fame and success.

 

It was exactly in those years the violin was becoming the absolute protagonist of instrumental music and it was exactly the Amati workshop in Cremona, strong in a tradition consolidated by nearly 100 years of activity, that supplied musicians in all of Europe with the best violins on the market.  Thanks to new research and especially a new way of considering the Cremonese luthier tradition not only as a phenomenon in itself but in close symbiosis with music history and its performance, new and interesting details and connections between the most important figures are beginning to emerge.

The two greatest Cremonese musicians of the 1600’s, the great Claudio Monteverdi (1567 - 1643) and Tarquinio Merula (1595 - 1665), certainly played an important role in the promotion of instruments of the Cremonese School.  Celebrated and without a doubt illuminating is the correspondence between the great Galileo Galilei and his disciple Fra Fulgenzio Micanzio which took place in 1637.  The scientist asked his pupil, resident at that time in Venice, to procure for him a good violin from Brescia or Cremona in order to give to his nephew Alberto, a musician working at the court of the prince of Bavaria.  Fra Fulgenzio responded « […] to have dealt with the maestro dei concerti of St. Mark’s who […] said to him that those of Brescia are easy to have but those of Cremona are incomparably the best, indeed that carry the non plus ultra and he ordered through the intervention of Signor Monteverdi, Chapel Master of St. Mark’s, that he have one brought through his nephew who is in Cremona, where he is a native.  The difference in price shows its perfection because those from Cremona cost twelve ducatoni each  whereas the other only four ducatoni […]».    

Despite Monteverdi’s personal intervention, Galileo did not manage to acquire the new violin ordered from an unspecified Cremonese luthier, almost certainly Nicolò Amati.  Annoyed by the long wait, the scientist bought in Cremona a used violin for «15 ducatoni ».  All this is impressively topical:  today, as at that time, the demand for Cremonese instruments was greater than productive capacity.

Nicolò Amati died at a very old age in 1684 and was buried in St. Imerio Church in Cremona.  The only son of his who dedicated himself to instrument building and last exponent of the Amati Dynasty was Girolamo II  (1649 – 1740), craftsman of fine instruments built according to the unmistakable family style but probably of little talent for commerce, as he closed up shop prematurely, perhaps overpowered by the growing popularity of the contemporary workshop of Antonio Stradivarius.

 
Cremona -  XVII Century

 


 


 

 

 

Track List

*Francesco Carubelli, Gavotta, Bransle simple, Bransle double

da Terpsichore Musarum, Wolfenbüttel 1612

*Marc’Antonio Ingegneri, Aria di canzon francese (CC, NR, UF, FG, DP)

da Il secondo libro de madrigali, Venezia 1579

Biagio Marini, Romanesca per violino solo e basso se piace (CC, DC)

da Arie, Madrigali e Correnti, Modena 1620

 Passacaglio (MB, DC)

da Sonate op. XXII, Venezia 1655

 Sonata III per tre violini (CC, NR, EG, DP)

da Sonate op. XXII, Venezia 1655

Claudio Monteverdi, Sinfonia (CC, EG, NR, UF, FG, DC,DP)

dal VII libro di madrigali, Venezia 1619

Tarquinio Merula, La Monteverde (MB, DC)

dal quarto libro delle canzoni , Venezia 1651

Sonata seconda (CC, NR, DP, DC )

dal quarto libro delle canzoni , Venezia 1651

Toccata del secondo tono (DP)

dal Ms. Berlin, Lübbenauer Orgeltabulatur

*Maurizio Cazzati, Ciaccona (CC, NR, DP, DC)

da Varii e diversi capricci per camera e per chiesa op. 50, Bologna 1660

Carlo Antonio Marino, Sonata n. 10 (CC, NR, EG, UF, FG, DP, DC)

da Suonate op. III, Amsterdam s.d.

Arcangelo Corelli, Concerto grosso n. 4 (concertino: NR, CC, MS)

da Concerti grossi op. VI, Amsterdam 1714

*First recording

 

 

 

 

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